SIMULAZIONE IN MEDICINA, QUALE ORIZZONTE...

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La metodica della simulazione è vista da tutti come la frontiera più avanzata della formazione.

Una formazione a 360° che va dall’apprendimento delle tecniche procedurali in campo medico (ma non solo) al cosiddetto ‘team building’ in cui si studiano le interazioni dei fattori umani tra i membri di un team.

Quindi cominciamo dal perché simulare.

Simulazione – perché
L’esistenza dei fattori umani quale causa acclarata di molti errori medici è probabilmente la ragione principale per cui si deve simulare in medicina.

In medicina, purtroppo, gli errori medici hanno un’incidenza fino al 9% e possono portare ad aumentare sia la morbilità che la mortalità. Tutti vorremmo che nei nostri ospedali e università non si compissero errori medici. Certe volte ci convinciamo che siano inevitabili, essendo ‘umani’.

Ma questo è vero fino a un certo punto. Se è molto probabile che non si possano annullare, è sicuro, invece, che si possano limitare. E uno degli strumenti principali per far ciò è proprio la simulazione. La simulazione ci permette lo studio dei fattori umani e aiuta perciò la prevenzione degli errori che questi causano. Quindi, alla domanda perché simulare, in quest’ottica, si risponde per salvare vite umane.

Dal punto di vista del sistema sanitario sarebbe cosa buona simulare anche per un altro importante motivo: la ricaduta economica. Sebbene ampi studi scientifici sulla ricaduta economica della simulazione medica in Sanità non ce ne siano in letteratura, è arguibile che commettere meno errori medici porta ad una diminuzione dei contenziosi legali e quindi ad un esborso inferiore per le aziende sanitarie.

Terzo motivo, fondamentale per tutti coloro che credono nel lavoro come momento di realizzazione e crescita della persona, i sanitari coinvolti nelle simulazioni mediche sono portati a migliorarsi e a mettere in discussione proficuamente le proprie teorie e pratiche sviluppando un pensiero critico che gli permette di ritrovare, ogni volta, un nuovo equilibrio ad un livello superiore.

Questa crescita avviene grazie ad un’attenta facilitazione durante il debriefing e anche grazie alla collaborazione con i colleghi, fatto che favorisce l’unione e la forza della squadra. Questa operazione di ‘team building’ non è altro che l’esercizio, tramite un linguaggio assertivo e senza pregiudizi, dell’analisi e studio che si compie durante tutta una sessione di simulazione.

Il briefing con i partecipanti, la conduzione dello scenario e il debriefing strutturato che segue, creano la giusta atmosfera per un sereno confronto-incontro tra colleghi, tra partecipanti e debriefers che nella vita lavorativa reale spesso manca ed è di difficile attuazione. Tutto ciò porta a una più alta consapevolezza e benessere lavorativo con miglioramento del clima interno che poi, ovviamente, si ripercuote positivamente sulla performance lavorativa.

Altro importante motivo è il monitoraggio della qualità del lavoro in Sanità. I manager della sanità così come tutti i responsabili di servizi in ambito di salute pubblica e privata, si possono proficuamente avvalere della metodica per testare protocolli e procedure e studiare processi sanitari delle strutture, anche complessi, per valutare i punti forti e i punti deboli del sistema.

Simulazione – dove
Obiettivi importanti si raggiungono sicuramente se gli scenari si svolgono in situ. La simulazione in situ è definita come quella metodica che prende piede nel reale contesto / ambiente di cura del paziente, nel tentativo di raggiungere un alto livello di fedeltà e realismo (Healthcare Simulation Dictionary, Society for Simulation in Healthcare).

La stessa può essere erogata da una faculty accademica direttamente nell’ospedale sul territorio. Kobayashi et al hanno descritto questa simulazione “portatile” o ‘mobile’, come un nuovo approccio all’istruzione e alla ricerca in terapia intensiva che ha arricchito di fedeltà e realismo utilizzando il normale ambiente di lavoro degli studenti (Educational and research implications of portable human patient simulation in acute care medicine. Acad Emerg Med. 2008 Nov; 15(11):1166-74).

In questo tipo di simulazione, i partecipanti saranno i colleghi che normalmente interagiscono nel turno lavorativo e, tra le mura dove si svolge l’attività lavorativa reale, si svolgerà anche lo scenario simulato.

E’ uno sforzo organizzativo molto importante perché coinvolge diversi professionisti nella creazione, preparazione e conduzione degli scenari. Prevede lo spostamento di facilitatori che normalmente coprono anche i turni normali di lavoro con evidente aggravio per le aziende sanitarie e richiede di ‘sincronizzare’, far ritrovare i membri dei reali team insieme nel luogo della formazione negli ospedali d’appartenenza per mantenere alto il realismo.

Per esempio, tale formazione prevedrebbe di ingaggiare un turno intero d’infermieri e medici nel loro giorno libero oppure di proporgli un allungamento orario nel momento in cui terminano di lavorare. Tutto ciò prevede una forte motivazione sia da parte dei partecipanti sia degli stakeholder, i quali della metodica stessa, si servono per raggiungere i loro obiettivi.

Simulazione – come
Uno sforzo importante dovrebbe essere fatto nell’investimento sul capitale umano più che concentrarsi sul materiale. Il capitale degli istruttori di simulazione consapevoli e ‘centrati’ sui partecipanti, capaci di ascolto attivo senza pregiudizi, che facilitano il debriefing è il vero valore aggiunto di questa metodica.

Forse, possiamo anche spingerci a dichiarare che, senza una siffatta matura facilitazione, la simulazione stessa perde di significato. La messa in scena e la discussione (il debriefing) che ne segue sono un tutt’uno non scindibile pena la perdita di significato.

Purtroppo, mentre raggiungere valori accettabili nel costriure e condurre (meno) uno scenario simulato, la conduzione di un debriefing profondo ma leggero, rispettoso, non invadente ma indagante risulta molto difficile a chiunque si accosti a tale metodica.

Infatti, la simulazione medica, vista come messa in scena della realtà, come quest’ultima, risulta una complessa analisi di migliaia di variabili non calcolabili che spesso ha bisogno di una visione olistica di chi è di fronte ai partecipanti più (o oltre) che di competenze tecniche da parte del debriefing.

Questi, studiando gli errori emersi durante lo svolgimento dello scenario, arrivano ad estrapolare dai partecipanti stessi gli atteggiamenti mentali che li hanno causati. Questa ricerca dell’invisibile, della causa e non semplicemente del risultato osservato, garantisce una vera e propria crescita interiore, molto personale e rende i team d’intervento molto più forti, proprio perché tende a rafforzarne singolarmente i membri.

L’indagine che si compie nel debriefing comunque non dovrebbe mai essere lesiva della riservatezza del partecipante e della sua voglia di interagire, mai prepotente ma sempre empatica e leggera. Per questo i debriefers necessiterebbero di un percorso strutturato e serio che li possa portare ad un livello di ascolto attivo e all’analisi delle situazioni createsi negli scenari simulati fuori dai propri pregiudizi, capace di dare feedback e non giudizi personali (per questo opinabili) al partecipante.

Se si crea un sincero e onesto dialogo sui contenuti tra partecipanti e debriefers dove ognuno esprime chiaramente il proprio punto di vista si riesce a tracciare le cause profonde degli errori e con esse a trovare le soluzioni che saranno durature ed energiche proprio perché mirano a tagliare le radici degli errori.

Si deduce facilmente che la ripercussione sul rischio clinico di tali pratiche sia esattamente nella direzione desiderabile (vedi anche l’editoriale di Paul E Phrampus “Simulation and Integration Into Patient Safety Systems” Simul Healthc 2018 Aug;13(4):225-226).

Oltre che strumenti di misura del teamwork, i facilitatori dovrebbero possedere strumenti personali per instaurare dialoghi trasparenti con i partecipanti riuscendo a correggere insieme ad essi gli atteggiamenti mentali che alimentano gli errori.

Semplificando, si possono individuare due livelli di debriefing (che possono essere anche somministrati in serie ai partecipanti): uno che si basa sull’analisi tout court dei risultati e le soluzioni da adottare per cambiarli e l’altro (Advocacy Inquiry Method) che indaga sulle motivazioni psicologiche che hanno determinati i risultati osservati.

Simulazione – Conclusioni
Ad oggi continua la sfida della dimostrazione causa-effetto tra simulazione medica ed outcome dei pazienti: simulo quindi i pazienti vivono di più.

E’ ovvio che uno studio disegnato per questo scopo risulta molto complicato. Spesso si citano infatti impatti indiretti sulla qualità dell’assistenza e quindi si accetta che aumentando la qualità di quest’ultima questo faccia diminuire il rischio clinico e perciò la morbilità e mortalità.

Sarah Armenia nel 2018 in un articolo su The Surgery Journal, dichiarava che esistono scarse evidenze a sostegno dell’impatto della simulazione sulla sopravvivenza dei pazienti, sulla sostenibilità degli sforzi di simulazione o sul rapporto costo-efficacia dei programmi di formazione.

Queste aree richiedono ulteriori ricerche, diceva, ora che l’ambito di utilizzo nei contesti di assistenza per acuti è stato caratterizzato (The Role of High-Fidelity Team-Based Simulation in Acute Care Settings: A Systematic Review. Surg J (N Y) 2018 Jul; 4(3): e136–e151.)

Grazie al blog Simulazionemedica.com, articolo originale disponibile a questo link

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